ritratto pietro annigoni

L’arte poliedrica di Pietro Annigoni

"Soprattutto mi sento io, mi sento me stesso, sento di non aver compiuto un tradimento nei miei confronti". Questa affermazione, che l’artista rilascia al giornalista della Rai per rispondere alla domanda se lui si senta parte di una corrente piuttosto che di un’altra.
Pubblicato il 24 Luglio 2015

Soprattutto mi sento io, mi sento me stesso, sento di non aver compiuto un tradimento nei mei confronti.

Questa affermazione, che l’artista rilascia al giornalista della Rai mentre in diretta elabora una delle sue opere per rispondere alla domanda se lui si senta parte di una corrente piuttosto che di un’altra, trasmette subito la sua essenza, il suo modo di essere e di pensare. Definito come colui che dipinge “alla maniera degli antichi”, Pietro Annigoni non si è mai curato del giudizio di chi lo circonda ed è andato avanti lungo il percorso dell’arte sulla base delle sue suggestioni, dei suoi ricordi, delle sue ispirazioni e della sua personalità. Questo suo essere coerente con se stesso ha reso il suo stile da un lato riconoscibile e dall’altro inimitabile e il pubblico lo ha capito, seguito, stimato e amato. D’altronde il suo sogno è sempre stato di vivere per l’arte, di creare l’arte tant’è che, a differenza della maggioranza delle persone per le quali non è semplice capire e trovare il proprio talento, ha dichiarato:

Sono nato con la mia strada e l’ho seguita

Pietro Annigoni, nato a Milano nel giugno del 1910 da padre emiliano e madre italo-americana ha infatti iniziato da giovanissimo ad entrare in questo mondo tant’è che studia all’Accademia delle Belle Arti e si sente dire che la vita dedicata all’arte sarebbe stata una via crucis. Da qui nasce la sua famosa firma con le tre croci, mentre la lettera “C” deriva da “Canonicus”, il soprannome con il quale i compagni lo chiamano al ginnasio. Di certo non immaginano che Annigoni qualche anno dopo sarebbe stato in un certo senso legato a questo termine grazie alla realizzazione di affreschi di stampo religioso, come ad esempio quelli per la Basilica di Sant’Antonio da Padova, per il Santuario della Madonna del Buon Consiglio di Ponte Buggianese e per la facciata di Palazzo Misericordia a Firenze.

E’ proprio in questa città, della quale viene erroneamente considerato originario poiché vi ha trascorso gran parte della sua vita, che ha inizio il suo percorso e che Annigoni cresce artisticamente in quanto vi si è trasferito con la sua famiglia già nel 1925. È un ragazzo coraggioso, dotato di forza di volontà e che crede in se stesso e in ciò che vuole essere e infatti non si ferma di fronte a chi appunto gli dice che non sarebbe stato semplice diventare un artista.  Inoltre effettua viaggi sia in Italia – in una intervista ha dichiarato di averne girata una buona metà a piedi! – che all’estero per prendere appunti, trarre ispirazione, osservare i paesaggi  disegnando incessantemente. Sviluppa così un’ottima capacità di cogliere e di ascoltare ciò che lo circonda riuscendo a trasportare nelle sue opere la realtà in maniera fedele.

medaglia pietro annigoni

Possiamo infatti definire Pietro Annigoni come un artista legato al “Realismo” – anche se lui appunto non ha mai voluto far parte di una corrente precisa – sulla cui base si appoggia la sua prima esposizione personale del 1932 alla Galleria Bellini, che lo vede vincere il premio “Trentacoste” e ricevere il plauso, tra gli altri, di De Chirico. Oltre a questo elemento lui è legato anche alla rappresentazione del paesaggio, spesso animato da personaggi che parlano o si confrontano in maniera a volte brusca tra di loro. Altro tema portante delle sue realizzazioni è infatti la persona umana: da qui nasce la sua meritata fama di ritrattista, che nel 1955 culmina con la realizzazione del ritratto della regina Elisabetta II, esposto alla “National Portrait Gallery”. In quegli anni Annigoni viaggia tra l’Inghilterra, dove diventa membro della “Royal Society of Portrait Painters”, e l’America e ritrae in veste ufficiale personalità d’élite come la principessa Margaret, sorella della regina, John Fitzgerald Kennedy e Papa Giovanni XXIII. Viene perciò  definito “pittore delle regine” pur avendo anche dipinto i meno abbienti. Di questa tecnica artistica afferma che:

(…) è come un oggetto. All’inizio si sta fermi, poi lo faccio parlare per capire la personas

Cogliere l’essenza di chi gli sta davanti, le emozioni, il vissuto: è questa la sua abilità e non importa quanto tempo, quante pose sono necessarie per arrivarci. È questo il motivo che lo spinge a rifiutare le richieste di Elisabeth Taylor e di Rockefeller, che gli chiedono di sbrigarsi in soli due giorni mettendogli fretta.

Artista eclettico e versatile, oltre alla pittura, all’affresco e al disegno, che pratica in prevalenza con la tecnica del pastello modellando e sfumando poi con le dita, si dedica alla scultura e all’incisoria, diventando Presidente degli Incisori d’Italia. È in quest’ambito che Pietro Annigoni inizia la sua collaborazione con “Picchiani e Balacchi”.Viene infatti chiamato, in quanto personalità di spicco, a realizzare alcune medaglie per la “Biennale della Medaglia d’Arte” a Firenze, concorso promosso dall’azienda con lo scopo di avvicinare i giovani a questa forma artistica, a torto considerata minore. L’esposizione a Palazzo Strozzi vede così in bella mostra, tra la collezione FAO e quella della Zecca dello Stato, le medaglie dai margini spesso irregolari e i volti dei personaggi rappresentati prevalentemente di profilo di Annigoni. Lorenzo il Magnifico da un lato con lo stemma dei Medici dall’altro, l’omaggio al Masaccio, Salomè danzante e San Giovanni Battista, patrono di Firenze, sono alcuni dei soggetti che regala ai visitatori nelle tre edizioni dell’evento.

Star indiscussa della mostra, realizza anche un dipinto che ne diventa il poster e regala il bozzetto alla famiglia Montauti come ringraziamento per la fiducia, la stima e il coinvolgimento attraverso l’azienda di proprietà “Picchiani e Balacchi”.Decisamente un ricordo emozionante e di valore di questo artista, morto nell’ottobre del 1998 e al quale la sua città d’adozione ha giustamente dedicato nel 2008 un Museo allestito  a Villa Bardini con le sue opere, le medaglie, gli oggetti personali e da lavoro ritrovati nel suo studio dopo la sua scomparsa.

Articolo di: Romina Mattoni